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Jules Verne 

 

GLI AMMUTINATI 

DEL «BOUNTY» 

 

Titolo originale dell’opera 

LES RÉVOLTÉS DE LA «BOUNTY» 

(1879) 

 

 
 
 

Traduzioni integrali dal francese di MARO ZANI 

Prima edizione: 1984 

Proprietà letteraria e artistica riservata - Printed in Italy © Copyright 1984 U. MURSIA & C. 

 

2668/AC - U. MURSIA & C. - Milano - Via Tadino, 29 

 

 
 

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PRESENTAZIONE 

 

Questo riadattamento della celebre vicenda del Bounty  è stato 

pubblicato nel 1879 in appendice a I cinquecento milioni della 
Begum 
e non è, come si potrebbe pensare in un primo momento, un 
racconto di fantasia condotto sulla trama del fatto realmente 
avvenuto, bensì il resoconto preciso, per quanto semplificato, 
dell'episodio, redatto da Verne sulla base di documenti e di testi 
ufficiali dell'Ammiragliato britannico. 

 
 
 
 
 
 

Indice 

PRESENTAZIONE 3

 

Capitolo I 

4

 

L'ABBANDONO 4

 

Capitolo II 

11

 

GLI ABBANDONATI 

11

 

Capitolo III 

18

 

GLI AMMUTINATI 

18

 

 

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C

APITOLO 

L'ABBANDONO 

N

ON UN 

alito di vento, non un'increspatura sulla superficie del 

mare, non una nube nel cielo. Le splendide costellazioni 
dell'emisfero australe si disegnano con incomparabile purezza. Le 
vele del Bounty  pendono dagli alberi, la nave è immobile, e la luce 
della luna, impallidendo davanti all'aurora che si sta alzando, 
illumina lo spazio d'un bagliore indefinibile. 

Il Bounty, nave di duecentoquindici tonnellate, con un equipaggio 

di quarantasette uomini, aveva lasciato Spithead, il 23 dicembre 
1787, sotto il comando del capitano Bligh, marinaio esperto ma 
piuttosto duro, che aveva accompagnato il capitano Cook nel suo 
ultimo viaggio di esplorazione. 

Il  Bounty  aveva la missione speciale di trasportare alle Antille 

l'albero del pane, che cresce abbondantemente nell'arcipelago di 
Tahiti. Dopo una sosta di sei mesi nella baia di Matavai, William 
Bligh, avendo caricato un migliaio di quegli alberi, aveva ripreso la 
rotta per le Indie Occidentali, dopo un soggiorno abbastanza breve 
alle isole degli Amici. 

Diverse volte, il carattere sospettoso e collerico del capitano gli 

aveva procurato scene sgradevoli con qualcuno dei suoi ufficiali. 
Tuttavia, la tranquillità che regnava a bordo del Bounty,  al sorgere 
del sole, il 28 aprile 1789, non faceva presagire nulla dei gravi 
avvenimenti che stavano per accadere. 

Tutto sembrava calmo, infatti, quando ad un tratto un'animazione 

insolita si propaga sulla nave. Alcuni marinai si riuniscono, 
scambiano due o tre parole a bassa voce, poi spariscono a passi 
silenziosi. 

Si rileva forse la guardia del mattino? È avvenuto a bordo qualche 

incidente inaspettato? 

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— Soprattutto non fate rumore, amici miei, — dice Fletcher 

Christian, il secondo nostromo del Bounty.  — Bob, caricate la 
pistola, ma non sparate senza mio ordine. Voi, Churchill, prendete 
l'accetta e fate saltare la serratura della cabina del capitano. 
Un'ultima raccomandazione: lo voglio vivo! 

Seguito da una decina di marinai armati di sciabole, di coltellacci 

e di pistole, Christian scese sottocoperta; poi, dopo aver posto due 
sentinelle dinanzi alla cabina di Stewart e di Peter Haywood, il primo 
nostromo e il midshipman

1

  del  Bounty,  si arrestò dinanzi alla porta 

del capitano. 

— Andiamo, ragazzi, — disse — una bella spallata! 
La porta cedette sotto una spinta vigorosa, e i marinai si 

precipitarono nella cabina. 

Stupiti dapprima per il buio, e riflettendo forse sulla gravità dei 

loro atti, essi ebbero un momento d'esitazione. 

— Olà! che cosa c'è? Chi osa permettersi?... — esclamò il 

capitano balzando dalla sua cuccetta. 

— Silenzio, Bligh! — rispose Churchill. — Silenzio, e non 

cercare di resistere, o t'imbavaglio! 

— È inutile che tu ti vesta, — aggiunse Bob. — Farai sempre 

buona figura quando sarai appeso al picco della randa! 

— Legategli le mani dietro la schiena, Churchill, — disse 

Christian — e portatelo sul ponte! 

— Il più terribile dei capitani non fa molta paura, quando si sa 

fare, — fece osservare John Smith, il filosofo della comitiva. 

Poi il corteo, senza preoccuparsi di svegliare o meno i marinai 

dell'ultima guardia, ancora addormentati, risalì la scala e riapparve 
sul ponte. 

Era una rivolta in piena regola. Solo fra tutti gli ufficiali di bordo, 

Young, uno dei midshipmen,  aveva fatto causa comune con gli 
ammutinati. 

Quanto agli uomini dell'equipaggio, gli esitanti avevano dovuto 

cedere per il momento, mentre gli altri, senza armi, senza capo, 
rimanevano spettatori del dramma che stava per compiersi sotto i 
loro occhi. 

                                                           

1

 Guardiamarina. (N.d.T.) 

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Tutti erano sul ponte schierati in silenzio; osservavano il contegno 

del loro capitano, che, seminudo, avanzava con la testa alta in mezzo 
a quegli uomini abituati a tremare davanti a lui. 

— Bligh, — disse Christian con voce aspra — siete destituito dal 

comando. 

— Non vi riconosco il diritto... — rispose il capitano. 
— Non perdiamo tempo in proteste inutili, — esclamò Christian, 

interrompendo Bligh. — Sono, in questo momento, l'interprete di 
tutto l'equipaggio del Bounty.  Non avevamo ancora lasciato 
l'Inghilterra e già dovevamo lamentarci dei vostri sospetti ingiuriosi, 
delle vostre maniere brutali. Quando dico noi, intendo gli ufficiali 
così come i marinai. Non solo non abbiamo mai potuto ottenere la 
soddisfazione che ci era dovuta, ma avete sempre respinto le nostre 
lagnanze con disprezzo! Siamo dunque cani, per essere ingiuriati ad 
ogni istante? Canaglie, briganti, bugiardi, ladri! non avevate 
espressioni abbastanza forti, ingiurie abbastanza volgari per noi! 
Davvero, bisognerebbe non essere uomini per sopportare un'esistenza 
simile! Ed io, io vostro compatriota, io che conosco la vostra 
famiglia, io che ho già fatto due viaggi sotto i vostri ordini, sono 
stato forse risparmiato? Non mi avete forse accusato, ancora ieri, 
d'avervi rubato pochi miserabili frutti? E gli uomini! Per un nonnulla, 
ai ferri! Per una sciocchezza, ventiquattro colpi di frusta! Ebbene, 
tutto si paga a questo mondo! Siete stato troppo liberale con noi, 
Bligh! Adesso tocca a noi! Le ingiurie, le ingiustizie, le accuse 
insensate, le torture morali e fisiche con le quali vi accanite contro il 
vostro equipaggio da un anno e mezzo dovete espiarle, e espiarle 
duramente! Capitano, siete stato giudicato da coloro che avete offeso, 
e siete stato condannato. Non è vero, camerati? 

— Sì, sì, a morte! — esclamò la maggior parte dei marinai 

minacciando il capitano. 

— Capitano Bligh, — soggiunse Christian — alcuni avevano 

parlato d'issarvi all'estremità di un cavo tra cielo e acqua. Altri 
proponevano di lacerarvi le spalle con il gatto a nove code fino alla 
morte. Mancavano d'immaginazione; io ho trovato di meglio. E poi, 
voi non siete il solo colpevole qui. Coloro che hanno sempre eseguito 
fedelmente i vostri ordini, per crudeli che fossero, sarebbero disperati 

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di passare sotto il mio comando. Essi hanno meritato di 
accompagnarvi là dove il vento vi spingerà. Preparate la lancia! 

Un mormorio di disapprovazione accolse queste ultime parole di 

Christian, che non parve preoccuparsene. Il capitano Bligh, che 
quelle minacce non riuscivano a turbare, approfittò di un istante di 
silenzio per prendere la parola. 

— Ufficiali e marinai, — disse con voce ferma — nella mia 

qualità di ufficiale della marina reale, comandante il Bounty, protesto 
contro il trattamento che volete farmi subire. Se dovete lamentarvi 
del modo con cui ho esercitato il mio comando, potete farmi 
giudicare da una corte marziale, ma non avete riflettuto senza dubbio 
sulla gravità dell'atto che state per commettere. Alzare le mani sul 
vostro capitano è ribellarvi a tutte le leggi esistenti, è rendervi il 
ritorno in patria impossibile per sempre, è voler essere trattati come 
furfanti! Presto o tardi, è la morte ignominiosa, la morte dei traditori 
e degli ammutinati! In nome dell'onore e dell'obbedienza che mi 
avete giurato, vi ordino di rientrare nei ranghi! 

— Sappiamo benissimo a che cosa ci esponiamo, — rispose 

Churchill. 

— Basta! Basta! — gridò l'equipaggio, pronto a passare alle vie di 

fatto. 

— Ebbene, — disse Bligh — se vi occorre una vittima, che quella 

sia io, ma io solo! I miei compagni, che condannate come me, non 
hanno fatto che eseguire i miei ordini! 

La voce del capitano fu allora coperta da un concerto di 

vociferazioni, ed egli dovette rinunciare a commuovere quei cuori 
diventati spietati. 

Frattanto, erano state prese le disposizioni perché gli ordini di 

Christian venissero eseguiti. 

Tuttavia, una discussione piuttosto vivace era sorta tra il secondo 

nostromo e diversi ammutinati che volevano abbandonare fra le onde 
il capitano Bligh ed i suoi compagni, senza dar loro un'arma, senza 
lasciar loro un'oncia di pane. 

Alcuni (ed era il parere di Churchill) trovavano che il numero di 

quelli che dovevano lasciar la nave non era abbastanza grande. 
Bisognava disfarsi, egli diceva, di tutti gli uomini che, non avendo 

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preso parte direttamente al complotto, non erano sicuri. Non si 
poteva fare assegnamento su coloro che si accontentavano di 
accettare i fatti compiuti. Quanto a lui, le spalle gli bruciavano 
ancora per le sferzate che aveva ricevuto per aver disertato a Tahiti. 
Il migliore, il più rapido mezzo per guarirlo, sarebbe stato di 
consegnargli per prima cosa il capitano!... Egli avrebbe ben saputo 
vendicarsi, e con le sue mani! 

— Hayward! Hallett! — gridò Christian rivolgendosi a due 

ufficiali, senza tener conto delle osservazioni di Churchill — 
scendete nella lancia. 

— Che cosa vi ho fatto, Christian, perché mi trattiate così? — 

disse Hayward. — Mi mandate a morte! 

— Le recriminazioni sono inutili! Obbedite, oppure!... Fryer, 

imbarcatevi anche voi! 

Ma quegli ufficiali, invece di dirigersi verso la lancia, si 

avvicinarono al capitano Bligh, e Fryer, che sembrava il più risoluto, 
si curvò verso di lui dicendo: 

— Comandante, volete tentare di riconquistare la nave? Non 

abbiamo armi, è vero; ma questi ammutinati, sorpresi, non potranno 
resistere. Se qualcuno di noi viene ucciso, che importa! Si può 
tentare l'azione! Che cosa ve ne pare? 

Già gli ufficiali prendevano le loro disposizioni per gettarsi 

addosso agli ammutinati, occupati a calare la lancia dai suoi sostegni, 
quando Churchill, a cui quel colloquio, per quanto fosse stato rapido, 
non era sfuggito, li circondò con alcuni uomini ben armati e li fece 
imbarcare a forza. 

— Millward, Muspratt, Birket, e voi altri, — disse Christian 

rivolgendosi ad alcuni marinai che non avevano preso parte 
all'ammutinamento — scendete sottocoperta e scegliete ciò che avete 
di più prezioso! Accompagnerete il capitano Bligh. Tu, Morrison, 
sorveglia questi giovanotti! Purcell, prendete la vostra cassetta da 
carpentiere, vi permetto di portarla con voi. 

Due alberi con le loro vele, dei chiodi, una sega, mezza pezza di 

tela da vele, quattro piccoli recipienti contenenti centoventicinque 
litri di acqua, centocinquanta libbre di biscotto, trentadue libbre di 
porco salato, sei bottiglie di vino, sei bottiglie di rum, la cassetta da 

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liquori del capitano, ecco tutto ciò che gli abbandonati poterono 
portare con sé. Furono loro gettate inoltre due o tre vecchie sciabole, 
ma venne loro rifiutato ogni tipo d'arma da fuoco. 

— Ma dove sono Haywood e Stewart? — disse Bligh quando fu 

nella lancia. — Mi hanno tradito anche loro? 

Non lo avevano tradito, ma Christian aveva deciso di tenerli a 

bordo. Il capitano ebbe allora un momento di scoraggiamento e di 
debolezza, perdonabile del resto, che fu di brevissima durata. 

— Christian, — disse — vi do la mia parola d'onore di 

dimenticare tutto ciò che è accaduto, se rinunciate al vostro 
abominevole progetto! Ve ne supplico, pensate a mia moglie e alla 
mia famiglia! Morto io, che sarà di tutti i miei? 

— Se aveste avuto un po' d'onore, — rispose Christian — le cose 

non sarebbero arrivate a questo punto. Se voi stesso aveste pensato 
un po' più spesso a vostra moglie, alla vostra famiglia, alle mogli ed 
alle famiglie degli altri, non sareste stato così duro, così ingiusto con 
noi tutti! 

A sua volta, il primo nostromo, al momento d'imbarcarsi, tentò 

d'intenerire Christian, ma invano. 

— È troppo tempo che io soffro, — rispose quest'ultimo con 

amarezza. — Voi non sapete quali sono state le mie torture! No! La 
cosa non poteva durare un giorno di più e, del resto, non ignorate che 
durante tutto il viaggio, io, il secondo nostromo di questa nave, sono 
stato trattato come un cane! Tuttavia, separandomi dal capitano Bligh 
che probabilmente non rivedrò mai più, voglio, per pietà, non 
togliergli ogni speranza di salvezza. Smith! scendete nella cabina del 
capitano, e portategli i suoi abiti, i suoi documenti, il suo diario ed il 
suo portafogli. Inoltre, gli si consegnino le mie Tavole nautiche ed il 
mio sestante personale. Egli avrà così qualche speranza di poter 
salvare i suoi compagni e di cavarsi d'impiccio! 

Gli ordini di Christian furono eseguiti, non senza qualche protesta. 
— Ed ora, Morrison, molla gli ormeggi, — gridò il secondo 

nostromo diventato comandante — e Iddio vi conduca! 

Mentre gli ammutinati salutavano con acclamazioni ironiche il 

capitano Bligh ed i suoi disgraziati compagni, Christian, appoggiato 
all'impavesata, non poteva staccare lo sguardo dalla lancia che si 

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allontanava. Questo bravo ufficiale, la cui condotta, fino allora leale 
e franca, aveva meritato gli elogi di tutti i comandanti sotto i quali 
aveva servito, non era più ormai che il capo d'una banda di furfanti. 
Non gli sarebbe stato più concesso di rivedere né la sua vecchia 
madre, né la sua fidanzata, né le spiagge dell'isola di Man, sua patria. 
Egli si sentiva decaduto nella propria stima, disonorato agli occhi di 
tutti! Il castigo seguiva già la colpa. 

 

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C

APITOLO 

II 

GLI

 

ABBANDONATI 

C

ON I 

suoi diciotto passeggeri, ufficiali e marinai, e le poche 

provviste che conteneva, la lancia che portava Bligh era tanto carica 
che superava di appena quindici pollici il livello del mare. Lunga 
ventuno piedi, larga sei, poteva essere perfettamente adatta al 
servizio del Bounty; ma per contenere un equipaggio così numeroso, 
per fare un viaggio un po' lungo, era difficile trovare una barca meno 
adatta. 

I marinai, fiduciosi nell'energia e nell'abilità del capitano Bligh e 

degli ufficiali uniti a loro nella stessa sorte, remavano vigorosamente, 
e la lancia fendeva rapidamente le onde. 

Bligh non aveva esitato circa il partito da prendere. Bisognava, 

anzitutto, ritornare al più presto all'isola Tofoa, la più vicina del 
gruppo delle isole degli Amici, che avevano lasciato alcuni giorni 
prima, bisognava raccogliervi dei frutti dell'albero del pane, 
rinnovare la provvista d'acqua, e di là, dirigersi verso Tonga-Tabu. Si 
sarebbe potuto senza dubbio prendervi viveri in quantità sufficiente 
per fare la traversata fino alla colonia olandese di Timor, se, per 
paura degli indigeni, non ci si fosse voluti fermare negli 
innumerevoli arcipelaghi sparsi sulla rotta. 

La prima giornata passò senza incidenti, e cadeva la notte quando 

furono avvistate le coste di Tofoa. Disgraziatamente, la riva era così 
rocciosa, la spiaggia così erta che non vi si poteva sbarcare di notte. 
Si dovette dunque aspettare il giorno. 

Bligh, salvo il caso di assoluta necessità, non intendeva toccare le 

provviste della lancia. Bisognava dunque che l'isola nutrisse i suoi 
uomini e lui. La cosa sembrava dover essere difficile perché, 
anzitutto, quando furono a terra, non trovarono traccia d'abitanti. 
Alcuni, tuttavia, non tardarono a mostrarsi, e, essendo stati ricevuti 

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bene, ne condussero altri, che portarono un po' d'acqua e delle noci di 
cocco. 

L'imbarazzo di Bligh era grande. Che cosa dire ai nativi che 

avevano già trafficato con il Bounty durante la sua recente sosta? Ad 
ogni costo, era necessario nascondere loro la verità, per non 
distruggere il prestigio di cui gli stranieri erano stati circondati fino 
allora in quelle isole. 

Dire che erano stati mandati per fare provviste dalla nave rimasta 

al largo? Impossibile, poiché il Bounty  non era visibile, nemmeno 
dall'alto delle colline! Dire che la nave era naufragata e che gli 
indigeni vedevano in loro i soli superstiti? Era ancora la favola più 
verosimile. Forse essa li avrebbe commossi, li avrebbe indotti a 
completare le provviste della lancia. Bligh si attenne dunque a 
quest'ultimo partito, per quanto fosse pericoloso, e avvertì i suoi 
uomini affinché tutti si comportassero di conseguenza. 

Udendo quel racconto, i nativi non lasciarono trapelare alcun 

segno di gioia o di dolore. I loro volti espressero solo un profondo 
stupore, e fu impossibile conoscere che cosa pensassero. 

Il 2 maggio, il numero degli indigeni venuti dalle altre parti 

dell'isola aumentò in modo inquietante, e Bligh poté in breve ritenere 
che essi avevano intenzioni ostili. Alcuni tentarono perfino di alare 
l'imbarcazione sulla spiaggia, e si ritirarono solo davanti alle 
energiche rimostranze del capitano, che dovette minacciarli con il 
suo coltellaccio. Frattanto, alcuni degli uomini che Bligh aveva 
mandato alla ricerca portavano tre galloni di acqua. 

Era venuto il momento di lasciare quell'isola inospitale. Al 

tramonto, tutto era pronto, ma non era facile tornare alla lancia. La 
spiaggia era circondata da una folla di indigeni che battevano dei 
sassi uno contro l'altro, pronti a lanciarli. Bisognava dunque che la 
lancia si tenesse ad alcune tese dalla spiaggia e accostasse solo nel 
momento in cui gli uomini fossero assolutamente pronti ad 
imbarcarsi. 

Gli inglesi, veramente assai preoccupati dalle manifestazioni ostili 

dei nativi, attraversarono la spiaggia in mezzo a duecento indigeni, 
che aspettavano solo un segnale per gettarsi loro addosso. Tuttavia, 
erano entrati tutti felicemente nella barca, quando uno dei marinai, di 

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nome Bancroft, ebbe la funesta idea di ritornare sulla riva per cercare 
qualche cosa che vi aveva dimenticato. In un secondo, l'imprudente 
fu circondato dai nativi e ucciso a sassate, senza che i suoi compagni, 
che non possedevano armi da fuoco, potessero soccorrerlo. D'altra 
parte, anch'essi, in quel momento, erano assaliti, e sassi piovevano 
loro intorno. 

— Su, ragazzi, — gridò Bligh — presto ai remi, e remate in fretta. 
I nativi allora entrarono nell'acqua e fecero piovere sulla barca una 

nuova grandinata di ciottoli. Molti uomini furono feriti. Ma 
Hayward, raccogliendo uno dei sassi che erano caduti nella lancia, 
mirò uno degli assalitori e lo colpì tra gli occhi. L'indigeno cadde 
all'indietro gettando un gran grido, a cui risposero gli urrà degli 
inglesi. Il loro povero camerata era vendicato. 

Frattanto, molte piroghe si staccavano dalla spiaggia e davano 

loro la caccia. Quell'inseguimento non poteva finire che con un 
combattimento, il cui esito non sarebbe stato felice, quando il primo 
nostromo ebbe un'idea luminosa. Senza sospettare di imitare 
Ippomene nella gara con Atalanta, si tolse il camiciotto e lo gettò in 
mare. I nativi, scambiando il camiciotto per un uomo, persero tempo 
a raccoglierlo, e quell'espediente permise alla lancia di scapolare la 
punta della baia. 

Nel frattempo, la notte era scesa del tutto, e gli indigeni, 

scoraggiati, abbandonarono l'inseguimento della lancia. 

Quel primo tentativo di sbarco era stato troppo disgraziato per 

essere ripetuto; tale almeno fu il parere del capitano Bligh. 

— Adesso bisogna prendere una risoluzione, — disse. — La 

scena che è accaduta a Tofoa si rinnoverà, ne sono certo, a Tonga-
Tabu, e dappertutto dove vorremo sbarcare. Pochi di numero, senza 
armi da fuoco, saremo assolutamente in balia degli indigeni! Privi di 
oggetti di scambio, non possiamo comperare viveri, e ci è 
impossibile procurarceli con la forza. Siamo dunque ridotti ai nostri 
soli mezzi. Ora, sapete quanto me, amici miei, quanto essi siano 
meschini! Ma non è forse meglio accontentarcene piuttosto che 
arrischiare, ad ogni sbarco, la vita di molti di noi? Tuttavia, non 
voglio nascondervi la precarietà della nostra condizione. Per 
raggiungere Timor, dobbiamo fare circa milleduecento leghe, e 

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dovrete accontentarvi di un'oncia di biscotto al giorno e di un quarto 
di pinta d'acqua! La salvezza è soltanto a questo prezzo, ed ancora, a 
patto che io trovi in voi la più assoluta obbedienza! Rispondetemi 
sinceramente! Acconsentite a tentar l'impresa? Giurate di obbedire ai 
miei ordini quali che siano? Promettete di sottoporvi senza 
mormorare a queste privazioni? 

— Sì, sì, lo giuriamo! — esclamarono tutti insieme i compagni di 

Bligh. 

— Amici miei, — soggiunse il capitano — bisogna anche 

dimenticare i nostri reciproci torti, le nostre antipatie ed i nostri odii, 
sacrificare, in una parola, i rancori personali all'interesse di tutti, 
questo è l'unico sentimento che deve guidarci! 

— Lo promettiamo. 
— Se manterrete la vostra parola, — aggiunse Bligh — e, se 

necessario, saprò costringervici, io rispondo della salvezza. 

Si diressero allora verso ovest-nord-ovest. Il vento, che era 

piuttosto forte, soffiò a tempesta la sera del 4 maggio. Le onde 
divennero così grosse che l'imbarcazione scompariva sotto di esse, e 
sembrava non potersi più rialzare. Il pericolo cresceva ogni 
momento. Bagnati e intirizziti, i disgraziati non ebbero per ristorarsi, 
quel giorno, che una tazza di rum e la quarta parte di un frutto 
dell'albero del pane marcio per metà. 

Il giorno seguente e i successivi, la situazione non mutò. La barca 

passò in mezzo a numerose isole, da cui si staccarono alcune piroghe. 

Era per darle la caccia? Era per fare dei baratti? Nel dubbio 

sarebbe stato imprudente fermarsi. Perciò la lancia, con le vele 
gonfiate da un vento favorevole, le lasciò in breve dietro di sé. 

Il 9 maggio, scoppiò un uragano spaventoso. Tuoni e lampi si 

succedevano di continuo. La pioggia cadeva con una forza di cui i 
più violenti uragani dei nostri climi non possono dare un'idea. Era 
impossibile fare asciugare gli abiti. Bligh, allora, ebbe l'idea 
d'immergerli nell'acqua marina e di impregnarli di sale per ridonare 
alla pelle un po' del calore toltole dalla pioggia. Tuttavia, quelle 
piogge torrenziali, che causarono tante sofferenze al capitano e ai 
suoi compagni, risparmiarono loro altre torture ancora più orribili, le 

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torture della sete che un caldo insopportabile avrebbe presto 
provocato. 

La mattina del 17 maggio, dopo un uragano terribile, le lamentele 

si fecero unanimi: 

— Non avremo mai la forza di raggiungere la Nuova Olanda, — 

esclamarono i disgraziati. — Inzuppati dalla pioggia, sfiniti dalla 
stanchezza, non avremo mai un momento di riposo! Mezzo morti di 
fame come siamo, non ci aumenterete le razioni, capitano? Poco 
importa che i viveri si esauriscano! Troveremo facilmente da 
sostituirli giungendo alla Nuova Olanda. 

— Rifiuto, — rispose Bligh. — Sarebbe comportarsi da pazzi. 

Game! Non abbiamo superato che la metà della distanza che ci 
separa dall'Australia, e siete già scoraggiati! Credete, d'altra parte, di 
poter trovare facilmente dei viveri sulle coste della Nuova Olanda? 
Ma allora non conoscete il paese ed i suoi abitanti! 

E Bligh si mise a dipingere a grandi linee la natura del suolo, i 

costumi degli indigeni, il poco assegnamento che dovevano fare sulla 
loro accoglienza, tutte cose che il suo viaggio con il capitano Cook 
gli aveva fatto conoscere. Ancora questa volta i suoi disgraziati 
compagni lo ascoltarono e tacquero. 

I quindici giorni successivi furono rallegrati da un limpido sole, 

che permise di far asciugare gli abiti. Il 27, furono superati i 
frangenti che orlano la costa orientale della Nuova Olanda. Il mare 
era calmo dietro quella cintura madreporica, e alcuni gruppi d'isole, 
dalla vegetazione esotica, rallegravano gli sguardi. 

Si sbarcò, avanzando con precauzione. Non furono trovate tracce 

del soggiorno dei nativi, tranne che vecchi focolari. Era dunque 
possibile passare una buona notte a terra. 

Ma bisognava mangiare. Fortunatamente, uno dei marinai scoprì 

un banco di ostriche. Fu un vero banchetto. 

Il giorno seguente, Bligh trovò nella lancia una lente, un acciarino 

e dello zolfo. Fu così in grado di procurarsi del fuoco per far cuocere 
la selvaggina o il pesce. 

Bligh ebbe allora il pensiero di dividere l'equipaggio in tre 

squadre: una doveva rimettere in ordine la barca; le altre due andare 
in cerca di viveri. 

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Ma molti uomini si lamentarono amaramente, dichiarando che 

preferivano fare a meno del desinare piuttosto che arrischiarsi 
nell'interno. 

Uno di loro, più violento o più snervato dei suoi camerati, osò dire 

al capitano: 

— Un uomo ne vale un altro, e non vedo perché voi dobbiate 

restare sempre a riposarvi! Se avete fame, andate a cercare da 
mangiare! Per quello che fate qui, vi sostituirò benissimo, anch'io! 

Bligh, comprendendo che quello spirito d'ammutinamento doveva 

essere represso immediatamente, afferrò un coltellaccio, e gettandone 
un altro ai piedi del ribelle, gli gridò: 

— Difenditi, o ti ammazzo come un cane! 
Quell'atteggiamento energico fece subito rientrare l'ammutinato in 

se stesso, e il malcontento generale si calmò. 

Durante quella sosta, l'equipaggio della lancia raccolse 

abbondantemente ostriche, pettini

2

 e acqua dolce. 

Un po' più lontano, nello stretto dell'Endeavour, delle due squadre 

mandate a caccia di tartarughe e di noddis,

3

 la prima ritornò a mani 

vuote; la seconda portò sei gabbiani noddis, ma ne avrebbe presi 
molti di più senza l'ostinazione di uno dei cacciatori che, essendosi 
allontanato dai suoi camerati, spaventò gli uccelli. Quell'uomo 
confessò, più tardi, che si era impadronito di nove di quei volatili e 
che li aveva mangiati crudi sul posto. 

Senza i viveri e l'acqua dolce che avevano trovato sulla costa della 

Nuova Olanda, certamente Bligh e i suoi compagni sarebbero morti. 
Del resto, tutti erano in pessimo stato, sparuti, disfatti, sfiniti, veri 
cadaveri. 

Il viaggio in alto mare, per raggiungere Timor, non fu che la 

dolorosa ripetizione delle sofferenze già sopportate dai disgraziati 
prima di giungere alle coste della Nuova Olanda. Solamente, la forza 
di resistenza era scemata in tutti, senza eccezione. Dopo alcuni 
giorni, le loro gambe erano gonfie. In quello stato di estrema 
debolezza, erano accasciati da una quasi continua voglia di dormire. 
Erano i sintomi premonitori di una fine che non poteva tardar molto. 

                                                           

2

 Tipo di conchiglia. (N.d.A.) 

3

 Tipo di uccelli. (N.d.A.) 

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Perciò Bligh, che se ne avvide, distribuì doppia razione ai più deboli, 
e si sforzò di infondere loro un po' di speranza. 

Finalmente, la mattina del 12 giugno, la costa di Timor apparve, 

dopo tremilaseicentodiciotto leghe d'una traversata fatta in 
condizioni spaventose. 

L'accoglienza che gli inglesi ricevettero a Cupang fu delle più 

calorose. Essi vi rimasero due mesi per ristorarsi. Poi, Bligh, 
comperata una piccola goletta, si recò a Batavia, dove si imbarcò per 
l'Inghilterra. 

Il 14 marzo 1790 gli abbandonati sbarcarono a Portsmouth. Il 

racconto delle torture che avevano sopportato suscitò la simpatia 
universale e lo sdegno di tutti gli uomini di cuore. Quasi subito, 
l'Ammiragliato procedeva ad armare la fregata Pandora,  di 
ventiquattro cannoni, e centosessanta uomini d'equipaggio, e la 
mandava all'inseguimento degli ammutinati del Bounty. 

Si vedrà che cosa era avvenuto di loro. 

 

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C

APITOLO 

III 

GLI

 

AMMUTINATI 

D

OPO CHE 

il capitano Bligh venne abbandonato in alto mare, il 

Bounty  aveva fatto vela per Tahiti. Quello stesso giorno, esso 
giungeva a Tubuai. L'aspetto ridente di quest'isoletta, circondata di 
una cintura di rocce madreporiche, invitava Christian a scendervi; ma 
le dimostrazioni degli abitanti sembravano troppo minacciose, e lo 
sbarco non ebbe luogo. 

Il 6 giugno 1789 fu gettata l'ancora nella rada di Matavai. La 

sorpresa dei tahitiani fu grande, riconoscendo il Bounty.  Gli 
ammutinati ritrovarono là gli indigeni con i quali erano stati a 
contatto in una precedente sosta, e narrarono loro una frottola, in cui 
ebbero cura di inserire il nome del capitano Cook, di cui i tahitiani 
avevano conservato ottimo ricordo. 

Il 29 giugno, gli ammutinati ripartirono per Tubuai e si misero in 

cerca di qualche isola situata al di fuori della rotta consueta delle 
navi, il cui suolo fosse abbastanza fertile da nutrirli, e sulla quale 
potessero vivere in tutta sicurezza. Vagarono così di arcipelago in 
arcipelago, commettendo ogni sorta di ladrocini e di eccessi, che 
l'autorità di Christian riusciva solo molto raramente a prevenire. 

Poi, attirati ancora una volta dalla fertilità di Tahiti, dalle usanze 

gentili, e semplici dei suoi abitanti, essi ritornarono alla baia di 
Matavai. Là, i due terzi dell'equipaggio scesero subito a terra. Ma la 
sera stessa il Bounty  aveva levato l'ancora ed era scomparso, prima 
che i marinai sbarcati avessero potuto sospettare l'intenzione di 
Christian di partire senza di loro. 

Abbandonati a se stessi, quegli uomini si stabilirono senza troppo 

rammarico in diverse località dell'isola. Il primo nostromo Stewart e 
il  midshipman  Peter Haywood, i due ufficiali che Christian aveva 
risparmiato alla condanna pronunciata contro Bligh, e condotto con 

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sé loro malgrado, rimasero a Matavai presso il re Tippao, di cui 
Stewart sposò ben presto la sorella. Morrison e Millward si recarono 
presso il capo Peno, che fece loro buona accoglienza. Quanto agli 
altri marinai, si spinsero nell'interno dell'isola e non tardarono a 
sposare delle tahitiane. 

Churchill e un pazzo furioso chiamato Thompson, dopo aver 

commesso ogni sorta di delitti, vennero alle mani. In quella lotta 
Churchill fu ucciso, e Thompson lapidato dagli indigeni. Così 
perirono due degli uomini che avevano avuto una parte assai 
importante nell'ammutinamento. Gli altri seppero, al contrario, con la 
loro buona condotta, farsi benvolere dai tahitiani. 

Tuttavia, Morrison e Millward vedevano sempre il castigo 

sospeso sulle loro teste e non potevano vivere tranquilli in quell'isola 
in cui sarebbero stati facilmente scoperti. Progettarono dunque di 
costruire una goletta, a bordo della quale avrebbero tentato di 
giungere a Batavia, per nascondersi nel mondo civilizzato. Con otto 
dei loro compagni, senza altri utensili all'infuori di quelli del 
carpentiere, riuscirono, non senza stento, a costruire una piccola nave 
che chiamarono Resolution, e la vararono in una baia dietro una delle 
punte di Tahiti, chiamata punta Venere. Ma l'impossibilità assoluta in 
cui si trovavano di procurarsi delle vele impedì loro di prendere il 
mare. Frattanto, forti della loro innocenza, Stewart coltivava un 
giardino e Peter Haywood raccoglieva materiale per un vocabolario, 
che fu, più tardi, di grande aiuto ai missionari inglesi. 

Erano trascorsi diciotto mesi quando, il 23 marzo 1791, una nave 

scapolò la punta Venere e si arrestò nella baia Matavai. Era la 
Pandora, 

mandata all'inseguimento degli ammutinati 

dall'Ammiragliato inglese. 

Haywood e Stewart si affrettarono a recarsi a bordo, declinarono i 

loro nomi e il loro grado, raccontarono che non avevano partecipato 
minimamente all'ammutinamento; ma non furono creduti, e vennero 
messi subito ai ferri, come tutti i loro compagni, senza che si facesse 
la minima inchiesta. Trattati con degradante inumanità, carichi di 
catene, minacciati di essere fucilati se si fossero serviti della lingua 
tahitiana per conversare tra di loro, furono chiusi in una gabbia di 

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undici piedi di lunghezza, posta all'estremità del casseretto, che un 
appassionato di mitologia denominò « vaso di Pandora ». 

Il 19 maggio, la Resolution,  che era stata provvista di vele, e la 

Pandora ripresero il mare. Per tre mesi, le due navi incrociarono per 
l'arcipelago degli Amici, dove si supponeva che Christian e gli altri 
ammutinati avessero potuto rifugiarsi. La Resolution, che aveva poco 
pescaggio, fu anzi molto utile durante quella crociera; ma scomparve 
nei paraggi dell'isola Chatam, e benché la Pandora fosse rimasta per 
molti giorni in zona, non si udì mai più parlare né di essa né dei 
cinque marinai che aveva a bordo. 

La  Pandora  aveva ripreso la rotta per l'Europa con i suoi 

prigionieri, quando, nello stretto di Torres, urtò contro uno scoglio di 
corallo e colò a picco quasi subito con trentun marinai e quattro degli 
ammutinati. 

L'equipaggio e i prigionieri che erano sfuggiti al naufragio 

raggiunsero un isolotto sabbioso. Là, gli ufficiali e i marinai poterono 
ripararsi sotto delle tende; ma gli ammutinati, esposti agli ardori di 
un sole a picco, furono costretti, per trovare un po' di sollievo, a 
cacciarsi nella sabbia fino al collo. 

I naufraghi restarono su quell'isola alcuni giorni; poi si recarono 

tutti a Timor nelle lance della Pandora, e la sorveglianza rigorosa di 
cui erano oggetto gli ammutinati non fu trascurata un momento, 
nonostante la gravità delle circostanze. 

Giunti in Inghilterra nel mese di giugno 1792, i ribelli comparvero 

davanti a un consiglio di guerra presieduto dall'ammiraglio Hood. Le 
sedute durarono sei giorni e finirono con l'assoluzione di quattro 
degli accusati e la condanna a morte di altri sei, per crimine di 
diserzione e sottrazione della nave affidata alla loro custodia. Quattro 
dei condannati furono impiccati a bordo di una nave da guerra; gli 
altri due, Stewart e Peter Haywood, la cui innocenza fu finalmente 
riconosciuta, vennero graziati. 

Ma che cosa era avvenuto del Bounty?  Era naufragato con gli 

ultimi degli ammutinati? Era impossibile saperlo. 

Nel 1814, venticinque anni dopo la scena con la quale comincia 

questo racconto, due navi da guerra inglesi incrociavano in Oceania 
sotto il comando del capitano Staines. Si trovavano, a sud 

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dell'arcipelago Pericoloso, in vista di un'isola montagnosa e 
vulcanica che Carteret aveva scoperto nel suo viaggio intorno al 
mondo, e alla quale aveva dato il nome di Pitcairn. Non era che un 
cono, quasi senza spiaggia, che sorgeva a picco sopra il mare, e 
tappezzato fino alla vetta di foreste di palme e di alberi del pane. 
Quell'isola non era mai stata visitata; essa si trovava a milleduecento 
miglia da Tahiti, a 25° 4' di latitudine sud e 180° 8' di longitudine 
ovest; misurava solo quattro miglia e mezzo di circonferenza e un 
miglio e mezzo soltanto di diametro maggiore, e non se ne sapeva se 
non quanto aveva narrato Carteret. 

Il capitano Staines stabilì di riconoscerla e di cercarvi un punto 

adatto per sbarcare. 

Avvicinandosi alla costa, fu stupito di vedere delle capanne, delle 

coltivazioni, e, sulla spiaggia, due nativi che, dopo avere gettato una 
barca in mare e traversato agilmente la risacca, si diressero verso la 
sua nave. Ma il suo stupore non ebbe più limiti quando si udì 
interpellare in ottimo inglese con questa frase: 

— Eh! voialtri, gettateci un cavo affinché possiamo venire a 

bordo! Appena giunti sul ponte, i due robusti rematori furono 
circondati dai marinai stupiti, che li riempivano di domande alle 
quali essi non sapevano che cosa rispondere. Condotti davanti al 
comandante, furono interrogati regolarmente. 

— Chi siete? 
— Io mi chiamo Fletcher Christian, e il mio compagno, Young. 

Questi nomi non dicevano nulla al capitano Staines, che era ben 
lontano dal pensare ai superstiti del Bounty. 

— Da quando siete qui? 
— Ci siamo nati. 
— Che età avete? 
— Io ho venticinque anni, — rispose Christian — e Young 

diciotto. 

— I vostri genitori sono stati gettati su quest'isola da qualche 

naufragio? Christian fece allora al capitano Staines la commovente 
confessione che segue, di cui ecco i punti principali. 

Lasciando Tahiti, dove abbandonava ventuno dei suoi compagni, 

Christian, che aveva a bordo del Bounty il resoconto del viaggio del 

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capitano Carteret, si era diretto immediatamente verso l'isola 
Pitcairn, la cui posizione gli era sembrata adatta allo scopo che si 
proponeva. Ventotto uomini componevano ancora l'equipaggio del 
Bounty.  Erano Christian, l'aspirante Young e sette marinai, sei 
tahitiani presi a Tahiti, tre dei quali con le loro mogli e un bambino 
di dieci mesi, più tre uomini e sei donne, indigeni di Rubuai. 

Prima preoccupazione di Christian e dei suoi compagni, appena 

furono giunti all'isola Pitcairn, era stata di distruggere il Bounty  per 
non essere scoperti. Certo, così si erano tolti ogni possibilità di 
lasciare l'isola, ma la loro sicurezza lo esigeva. 

La sistemazione della piccola colonia non doveva farsi senza 

difficoltà, con persone unite solamente dalla solidarietà di un delitto. 
Ben presto erano scoppiati sanguinosi litigi fra i tahitiani e gli 
inglesi. Perciò, nel 1794, sopravvivevano solo quattro degli 
ammutinati. Christian era caduto sotto il coltello di uno degli 
indigeni che aveva condotto con sé. Tutti i tahitiani erano stati 
massacrati. 

Uno degli inglesi, che aveva trovato il mezzo per fabbricare delle 

bevande alcoliche con la radice di una pianta indigena, aveva finito 
con l'abbrutirsi nell'ubriachezza e, preso da un accesso di delirium 
tremens, 
si era gettato in mare dall'alto di una scogliera. 

Un altro, in preda a un accesso di pazzia furiosa, si era gettato 

addosso a Young e a uno dei marinai, di nome John Adams, che 
erano stati costretti a ucciderlo. Nel 1800, Young era morto durante 
una violenta crisi d'asma. 

John Adams fu allora l'ultimo superstite dell'equipaggio degli 

ammutinati. 

Rimasto solo con molte donne e venti fanciulli, nati dalle nozze 

dei suoi camerati con le tahitiane, l'indole di John Adams si era 
modificata profondamente. Allora egli aveva solo trentasei anni, ma 
da molti anni aveva assistito a tante scene di violenza e di 
carneficina, aveva visto la natura umana sotto aspetti così tristi, che, 
dopo essersi ravveduto, egli si era emendato del tutto. 

Nella biblioteca del Bounty, conservata nell'isola, si trovarono una 

Bibbia e molti libri di preghiere. John Adams, che li leggeva 
frequentemente, si converti, allevò con ottimi principi la giovane 

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popolazione che lo considerava come padre, e diventò, per forza di 
eventi, il legislatore, il gran sacerdote e, per così dire, il re di 
Pitcairn. 

Tuttavia, fino al 1814, i suoi timori erano stati continui. Nel 1795, 

essendosi avvicinata a Pitcairn una nave, i quattro superstiti del 
Bounty si erano nascosti in boschi inaccessibili e non avevano osato 
ridiscendere nella baia se non dopo la partenza della nave. Stesso atto 
di prudenza quando, nel 1808, un capitano americano sbarcò 
sull'isola, dove s'impadronì d'un cronometro e d'una bussola, che egli 
fece pervenire all'Ammiragliato inglese; ma l'Ammiragliato non si 
commosse alla vista di quei resti del Bounty.  Vero è che in quel 
tempo esso aveva in Europa preoccupazioni di ben altra gravità. 

Questo fu il racconto fatto al comandante Staines dai due nativi, 

inglesi per parte di padri, figli, l'uno di Christian, l'altro di Young; 
ma quando Staines chiese di vedere John Adams, questi rifiutò di 
recarsi a bordo prima di sapere che cosa sarebbe avvenuto di lui. 

Il comandante, dopo aver assicurato ai due giovanotti che Adams 

era protetto dalla prescrizione, poiché erano trascorsi venticinque 
anni dall'ammutinamento del Bounty, scese a terra, e al suo sbarco fu 
ricevuto da una popolazione composta di quarantasei adulti e di 
moltissimi fanciulli. Tutti erano grandi e robusti, con i caratteri fisici 
inglesi nettamente dominanti; le fanciulle soprattutto erano 
meravigliosamente belle, e la loro modestia dava loro una particolare 
seduzione. 

Le leggi in vigore nell'isola erano semplicissime. In un registro 

veniva notato quello che ognuno aveva guadagnato con il proprio 
lavoro. La moneta era sconosciuta; tutte le transazioni si facevano 
per mezzo dello scambio, ma non c'era industria, poiché mancavano 
le materie prime. Gli abitanti portavano per unico abbigliamento 
larghi cappelli e gonnellini d'erba. La pesca e l'agricoltura erano le 
loro principali occupazioni. I matrimoni si facevano solo con il 
permesso di Adams, e quando l'uomo aveva dissodato e coltivato un 
terreno abbastanza ampio da poter provvedere al mantenimento della 
sua futura famiglia. 

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Il comandante Staines, dopo aver raccolto dei documenti 

curiosissimi su quell'isola, perduta nei paraggi meno frequentati del 
Pacifico, riprese il mare e ritornò in Europa. 

Da quel tempo, il venerabile John Adams ha terminato la sua così 

travagliata carriera. Egli è morto nel 1829, ed è stato sostituito dal 
reverendo George Nobbs, che adempie ancora nell'isola le funzioni 
di pastore, di medico e di maestro di scuola. 

Nel 1853, i discendenti degli ammutinati del Bounty  erano 

centosettanta. Da quel tempo, la popolazione non fece che aumentare 
e diventò così numerosa che, tre anni più tardi, dovette stabilirsi in 
gran parte sull'isola Norfolk, che aveva servito fino allora come 
colonia penale. Ma una parte degli emigrati rimpiangeva Pitcairn 
benché Norfolk fosse quattro volte più grande, il suo suolo ricercato 
per la ricchezza, e le condizioni di vita vi fossero molto più facili. 
Dopo due anni di soggiorno, molte famiglie ritornarono a Pitcairn, 
dove continuano a prosperare. 

Ecco dunque la conclusione di un'avventura cominciata in modo 

tanto tragico. All'inizio, c'erano ammutinati, assassini, pazzi; ma ora, 
sotto l'influenza dei principi della morale cristiana e dell'istruzione 
data da un povero marinaio convertito, l'isola Pitcairn è diventata la 
patria d'una popolazione mite, ospitale, felice, presso la quale si 
ritrovano i costumi patriarcali dell'età dell'oro. 

 


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